La storia
Lo sviluppo delle tecnologie si è messo in società con una delle più tragiche esperienze che il nostro Paese ha vissuto dal Dopoguerra: la pandemia.
Il risultato di questa stravagante join venture è stato lo smart working.
Ormai a quasi tre anni di distanza, facciamo un po’ di analisi di quanto è successo.
All’inizio, in pieno lockdown, eravamo immersi in un totale senso di smarrimento; le famiglie stavano sperimentando una nuova modalità di vivere e di occupare gli spazi domestici. Boom di acquisto di tecnologia, perché un solo pc non era più sufficiente. I ragazzi in DAD, le riunioni con i team di lavoro, l’intrattenimento continuo fatto di film, serie TV interminabili, dirette TG inquietanti. Il focolare domestico si era trasformato nella sede IT della famiglia Rossi di turno.
Mancava la socializzazione con gli amici, i colleghi, i compagni di scuola; invece, i rapporti familiari erano diventati sempre più claustrofobici. Impennata di cause di separazione e divorzio.
Lentamente e dolorosamente si è tornati alla normalità. Di tutta quell’esperienza è rimasto lo smart working, identificato da molti come la soluzione a tutti i mali del mondo.
È proprio così?
I costi
Lo smart working ha portato a un immediato risparmio di costi: per i lavoratori e per le aziende.
Alcune ricerche e analisi hanno stimato un risparmio netto per i lavoratori di circa 600 euro, nato dalla differenza tra il risparmio di circa 1.000 euro in meno l’anno per il trasporto e le spese connesse al lavoro fuori casa, e i costi sostenuti per il fatto di essere costantemente a casa e utilizzare le infrastrutture casalinghe anziché quelle aziendali; stiamo parlando di una spesa di circa 400 euro l’anno. Il caro-bollette potrebbe apportare sensibili modifiche a questi dati, addirittura invertendo la tendenza.
Per le aziende è stato stimato un risparmio di circa 500 euro a postazione, che proprio a causa della crisi energica, potrebbe anche aumentare.
Agli aspetti economici, si devono aggiungere i benefici ambientali: è stata calcolata una riduzione delle emissioni di CO2 di circa 450 Kg annui a persona.
Il ridisegno degli ambienti
Il 52% delle grandi imprese, il 30% delle PMI e il 25% della PA ha già modificato gli ambienti di lavoro, adeguandoli a un utilizzo più agile degli spazi da parte dei lavoratori, creando postazioni di lavoro pronte ad ospitare chi, in un dato giorno, è fisicamente alla scrivania. Stanno diminuendo così le scrivanie personalizzate, con le foto della famiglia, i ninnoli, gli accessori di proprietà e gli effetti personali confusi con le pratiche.
Molti dipendenti ancora devono abituarsi all’idea di “parcheggiarsi” a lavorare dove trovano posto e a perdere l’idea di ritrovare, anche in azienda, un piccolo angolo di casa.
Queste scelte hanno portato benefici economici e logistici, grazie ai quali si sono potuti addirittura eliminare intere ali di palazzi, in alcuni casi. Il rovescio della medaglia è rappresentato da una minore motivazione a raggiungere fisicamente il posto di lavoro, in cui non si riconosce più una postazione rispetto a un’altra, e non si sa neppure chi sarà, quel giorno, il vicino di scrivania.
Qualche numero
Nel 2022, in Italia, il lavoro da remoto ha subito una leggera flessione, nonostante continui a essere utilizzato in modo consistente. I lavoratori che operano in smart working sono oggi circa 3 milioni e mezzo, quasi cinquecentomila in meno rispetto al 2021, con un calo che si è registrato principalmente nella pubblica amministrazione e nelle piccole e medie imprese, mentre nelle grandi aziende non sono state registrate variazioni significative. Di fatto, l’incremento è legato al numero delle aziende che lo hanno adottato, e non molto in termini assoluti di lavoratori. Oggi lo smart working è presente nel 90% circa delle grandi imprese domestiche, a differenza di una percentuale dell’80% nel 2021.
Questi sono alcuni dei dati che arrivano dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano.
La motivazione
Relativamente a questo tema, è necessario fare una distinzione tra “veri” smart worker, e lavoratori a distanza. I primi, oltre alla possibilità di lavorare da remoto, hanno flessibilità nella gestione degli orari e lavorano per obiettivi; hanno livelli di benessere ed engagement più elevati di chi lavora in sede e, soprattutto, di chi lavora da remoto senza altre forme di flessibilità.
Questi ultimi vivono talvolta il distacco dall’azienda come un isolamento dal contesto professionale, si sentono meno coinvolti nelle dinamiche sociali e, soprattutto, nelle strategie. Godono dei vantaggi del poter lavorare da casa, senza soffrire lo stress dei lunghi spostamenti, ma sentono di essersi allontanati dalla realtà aziendale. È questo un elemento da non sottovalutare, perché meno ci si sente parte di una struttura sociale, meno fatica si fa ad allontanarsene anche mentalmente. La percezione del valore del tempo dedicato al lavoro cambia e si scoprono altre esigenze e aspettative di qualità della vita che possono portare, come si è già visto in quest’ultimo periodo, a decidere di abbandonare il lavoro dipendente. Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, sostiene che “Spesso, l’applicazione delle nuove modalità di lavoro si è concretizzata con l’introduzione del solo lavoro da remoto, che ha consentito di gestire le emergenze e supportare il work-life balance delle persone, ma che non rappresenta un ripensamento del modello di organizzazione del lavoro. È il momento di riflettere su cosa sia il “vero Smart Working”, che deve essere l’occasione per attuare un cambiamento più profondo, incentrato sul lavoro per obiettivi e una digitalizzazione intelligente delle attività”.
È sempre più necessario, perciò, saper guidare le persone che lavorano in azienda in una nuova ridefinizione del profilo e dei confini del loro lavoro, per trovare spazi e ambiti nuovi in cui far confluire e valorizzare competenze, attitudini, passioni e interessi.
Il Job Crafting può rappresentare un utile strumento e metodo per aiutare le aziende in questo cambiamento epocale del mondo del lavoro.