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Le parole che ci diciamo

“Forse, se avessi ascoltato i buoni consigli, ora non sarei qui. Ma è proprio questo il mio difetto peggiore. Io mi so dare ottimi consigli, ma poi seguirli non so. E per questo, nei pasticci spesso son!”.

Queste sono le amare riflessioni che Alice nel paese delle meraviglie fa quando si perde, sola e vulnerabile, nel bosco, e non sa come uscirne.

(Per caso ti viene in mente qualcun altro che, tanti anni prima, si era perso in un bosco? “Nel mezzo del cammin…”).

Ma non perdiamoci noi in dissertazioni letterarie, anziché nei boschi.

Il fatto è che quello che tanto rammarico provoca ad Alice capita talvolta a quasi tutti noi: partiamo mossi dalle migliori intenzioni, dagli obiettivi più ambiziosi, dalle idee più entusiasmanti e poi, tutto si ferma lì, a una dichiarazione di intenti.

Cosa è successo?

Le cause sono tante e non avrebbe alcuna utilità enumerarle. Tuttavia, capita che lo stop alla concretizzazione di svariati progetti nasca dalle parole che usiamo nel nostro dialogo interno relativamente a quella idea.

Ciò che ci diciamo, o che diciamo agli altri per descrivere un nostro proposito o un nostro obiettivo, può potenziare o depotenziare il proposito stesso, può indicarci il percorso strategico giusto, o metterci subito su un sentiero non funzionale al raggiungimento dei nostri traguardi.

Facciamo qualche considerazione su alcune parole potenti che ci può capitare di pronunciare casualmente, mossi solo dall’abitudine di ripetere le solite frasi fatte: devo, posso, voglio, faccio, non faccio più.

 

Devo

Senza approfondire troppo il tema, è importante tuttavia ricordare che “dovere”, nel suo significato etimologico, significa “possedere qualcosa avuto da altri”. Da questa premessa è chiaro che “dovere” significa essere obbligati alla restituzione.

Tutte le volte che dichiariamo di “dover fare” qualcosa ci stiamo negando il diritto di aver scelto quel determinato comportamento, stiamo dicendo a noi e agli altri (anche se non ne siamo del tutto consapevoli) che le nostre azioni non sono il risultato della nostra volontà, ma sono ciò che “dobbiamo” a qualcuno o a qualcosa. Il fatto è che, nel linguaggio comune, usiamo il verbo dovere anche quando proprio non è coerente col significato della frase in cui è inserito. Ti è mai capitato di sentir pronunciare (o forse, una volta nella vita, ne hai detta una anche tu) frasi tipo: “Devo andare alla festa di compleanno di Mario”, “Questa sera devo giocare con i miei figli” o, peggio ancora (e ti garantiamo che l’abbiamo sentita veramente), “Il mese prossimo, mi devo sposare”. A pensarci ora, usando attenzione e consapevolezza, sembrano quasi buffe queste frasi, eppure sono all’ordine del giorno.

Questo continuo toglierci potere e responsabilità, ci toglie anche energia, focalizzazione, entusiasmo e motivazione.
Ricordiamoci che sono veramente poche le cose (a parte quelle fisiologicamente necessarie alla sopravvivenza) che “dobbiamo” fare. La nostra vita è quasi totalmente il risultato delle nostre scelte.

 

Posso

Potere, di fatto, indica la possibilità di fare, di essere, di scegliere. “Posso” è il verbo della libertà; tuttavia, proprio la radice di questo verbo “pa”, è la stessa di “padre”, che indica il possesso e, di conseguenza, la responsabilità di gestire il “potere”.

Del resto, la libertà (come il potere) è sempre strettamente collegata alla responsabilità; il rischio, altrimenti, è “l’abuso di potere”, cioè l’uso indiscriminato e immorale della facoltà di agire, di essere, di relazionarci con gli altri.
Quando usiamo il verbo “posso” già la nostra mente si predispone all’azione, all’entusiasmo, alla consapevolezza di avere la propria vita nelle proprie mani. L’importante è essere sempre consapevoli che la vita che abbiamo nelle mani è – e deve sempre essere – la nostra; non quella degli altri.

 

Voglio

Volere è un verbo forte, che parla di determinazione, di fiducia in se stessi, di focalizzazione sull’obiettivo.

La nostra cultura ci ha abituati a prendere le distanze da questo verbo; sin da quando eravamo bambini, ci hanno insegnato che “L’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re” e, sotto un certo punto di vista, questa frase ha un suo insegnamento che induce le persone a non essere egoiste, capricciose e avide. Tuttavia, per raggiungere i grandi obiettivi, è indispensabile “volere”; non è sufficiente “fare del proprio meglio”, “sperare”, “mettercela tutta”. La volontà implica e attiva energie mentali, psicologiche e fisiche non comuni; anche a livello biochimico, predispone le nostre ghiandole a secernere gli ormoni utili a permetterci di sostenere una fatica, un impegno e un’attenzione di tipo straordinario.

 

Faccio

“Fare” è il verbo dell’azione, della concretizzazione di un’idea, del dare seguito, attraverso i comportamenti, alla teoria.

Volere, potere o dovere perdono ogni significato se non sono seguiti da un “fare”. Fare è il passaggio obbligato per creare valore, indipendentemente dalla nostra professione e dal nostro ruolo.

Se non facciamo, possiamo anche risparmiare la fatica di pensare, di sperare, di desiderare, di volere, e possiamo aggiungere tutti i verbi che ci vengono in mente.

Non faccio più

Anche il “non fare più” può essere altrettanto importante del “fare”. Talvolta, cattive abitudini e comportamenti non funzionali al raggiungimento dei nostri traguardi possono compromettere l’efficacia di azioni straordinarie. Possono farci fare un passo in avanti e due nella direzione opposta.

Smettere di fare necessita della stessa volontà di fare e, quasi sempre, è il punto di partenza per procedere verso i nostri successi.

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