Questa è la settimana dell’ultima lettera di “Estate”; è la settimana della lettera E che ci propone 5 diverse sfaccettature della nostra crescita personale, del nostro percorso di conoscenza di noi stessi.
Come poterci conoscere meglio? Attraverso l’osservazione di ciò che facciamo e pensiamo, di cosa amiamo fare e di come, comunemente, ci mettiamo in relazione con noi stessi, con gli altri e col mondo che abbiamo intorno.
Enigma
Gli enigmi possono essere entusiasmanti, ma anche frustranti, talvolta. Quando si vorrebbe trovare risposte, e si pretendono dagli altri, o da noi stessi.
Con le risposte si accumulano informazioni, oppure regole, metodi, processi, procedure, sentenze.
Quello che ci mette nella condizione di crescere, di evolvere, di salire a un livello superiore, non sono le risposte. Sono le domande.
È dalle domande che scaturisce il pensiero e la riflessione; è nella domanda che troviamo lo stimolo a mettere in discussione ciò che è. La domanda disorienta, fa perdere l’equilibrio, indispettisce e, talvolta, annoia, dando il senso della perdita di tempo.
Questo capita anche quando partecipiamo a un corso di formazione, o quando colloquiamo con i nostri collaboratori. Se al termine dell’incontro o del confronto, non abbiamo ottenuto – o non abbiamo fornito – risposte, la percezione può essere quella dell’inutilità dell’esperienza. E invece è proprio lì che inizia l’evoluzione, nel punto interrogativo, in quel sinuoso tratto di penna che disegna il percorso della crescita personale.
Esplorazione
Gli esploratori di ogni tempo hanno dedicato la loro esistenza alla ricerca. Hanno messo a repentaglio la loro vita e quella di chi li ha seguiti nella spedizione.
Qualche volta hanno scoperto nuove terre, tesori, reperti, civiltà; altre volte sono arrivati dove non pensavano di poter arrivare perché non conoscevano nemmeno l’esistenza di quella meta. Ma, in ogni caso, quando si esplora, da qualche parte si arriva.
Ciò che importa è che l’esplorazione non diventi un bluff in cui usiamo piste già conosciute per arrivare dove siamo già stati.
Ciò vale a livello fisico, ma soprattutto a livello mentale. Se vogliamo essere degli esploratori, dobbiamo accettare l’idea di accogliere ciò che troveremo, perché è la scoperta l’unica e vera essenza dell’esplorazione. Altrimenti diventa una “prova del 9”, in cui sistemiamo i numeri che già abbiamo, per controllare soltanto la correttezza formale dell’operazione.
Questo vale nella vita personale come in quella professionale. Quando e se vogliamo trovare idee nuove, se vogliamo cambiare i nostri paradigmi, se vogliamo ridisegnare lo stile o l’approccio della nostra azienda, dobbiamo diventare esploratori veri, di quelli che si insinuano nella giungla intricata e misteriosa delle nostre convinzioni, delle nostre abitudini, della storia passata, delle profezie nostre e degli altri e iniziano a farsi largo, a colpi di machete, per scoprire tesori nascosti.
Equitazione
Salire a cavallo e andare a passeggio, godendosi il panorama e lasciandosi trasportare dal passo tranquillo e regolare dell’animale che, in perfetta armonia con noi, ci conduce attraverso luoghi pieni di bellezza e di fascino.
È una bella immagine, vero? Nella vita, capita, ogni tanto, di permetterci situazioni di questo tipo? Forse, proprio i periodi di vacanza, si prestano a esperienze simili, in cui lasciamo che le cose succedano senza impiegare troppe energie per imprimere direzioni o ritmi particolari.
Ma possiamo scegliere invece di essere noi a guidare il cavallo, e chiedergli di esprimere tutta la sua potenza e la sua forza, galoppando a grande velocità, con una meta ben precisa da raggiungere e scadenze non negoziabili, altrimenti siamo fuori dalla competizione.
Questa modalità ci richiede di sicuro più adrenalina, più focalizzazione, più energia. Obiettivi sfidanti, lotte contro il tempo, competizioni portate all’estremo; questo è lo stile che caratterizza la maggior parte della nostra vita professionale, in cui fare bene ed essere eccellenti è importante ma non sufficiente, perché bisogna vincere; perché, con buona pace di Monsieur de Coubertin, “l’importante non è partecipare”. E così, ogni tanto, i cavalli si azzoppano, e dobbiamo sopprimerli.
Oppure ci sono le gare in cui conta il tempo, ma anche la qualità, l’attenzione ai dettagli, la strategia. Ci sono ostacoli da superare con eleganza, senza accumulare penalità. Qui dobbiamo stare attenti alla postura, non solo dell’animale, ma anche di noi stessi: schiena dritta e sguardo fiero, per andare incontro all’obiettivo con consapevolezza.
Significa prendere in mano il nostro destino, fare scelte, decidere come vogliamo guidare la performance, entrare in sintonia con gli altri e con l’ambiente intorno a noi. Significa condurre, senza farsi trasportare né da altri né dalle nostre emozioni o dalla nostra adrenalina.
E poi c’è il dressage. Quando l’estetica emerge dalla spasmodica osservanza di regole e procedure; quando la forma supera la sostanza, o ne diventa addirittura il sinonimo.
Talvolta la burocrazia, i processi, le procedure, le norme e le regole diventano autoreferenziali e perdono valore. Si seguono routine e standard che non hanno più significato se non quello di autoalimentarsi. Ogni tanto, può valere la pena di chiedersi non soltanto “come” facciamo le cose, ma “perché”.
Eremo
Stare soli è ben diverso dall’essere soli. Riuscire a stare bene con noi stessi e gestire il nostro colloquio interno in modo positivo, creativo e accogliente può essere un bel modo per trascorrere qualche giorno del nostro periodo di vacanza.
Abbiamo tutti bisogno di silenzio, abbiamo bisogno di far girare il mondo un po’ più piano e trovare tempi e spazi per recuperare serenità, equilibrio, capacità creative.
L’eremo può diventare il nostro momento di riflessione e di rigenerazione fisica e mentale.
Quando siamo leader, il nostro eremo diventa sempre più prezioso, ma anche sempre più pericoloso, perché, quando siamo sul nostro eremo, siamo lontani e non possiamo vedere, e non possiamo essere visti.
La nostra necessità di quiete non può andare in contrasto con la necessità della nostra squadra di avere una guida forte, autorevole e presente, capace di guidare e di dare sicurezza all’intera compagine.
Esperienze
Quante esperienze d’estate… molte di queste saranno ricordate con piacere, o con divertimento.
E le esperienze che ci attendono al ritorno? Ci entusiasmano, ci annoiano o ci preoccupano?
L’esperienza, proprio in quanto esperienza, ha in sé il senso del pericolo, dell’esito non scontato, della sperimentazione; eppure, senza esperienze, non si può andare oltre a ciò che è già. Questo nella vita in generale, e di sicuro nella vita professionale.
Trovare strade nuove, soluzioni alternative, idee inusuali; scardinare il conosciuto per andare incontro al nuovo; tutto ciò vuol dire fare esperienze e mettersi in gioco, come persone, come manager, come team, e come azienda.
La tradizione e la storia sono elementi preziosi che parlano dei nostri valori e di quanto è stato raggiunto fino a oggi, grazie alle esperienze nostre e di chi è venuto prima di noi. Ma se ci fermiamo per amore della sicurezza e della stabilità, continuando ad appoggiare tutto il peso sempre sullo stesso piedestallo, alla fine, questo si sgretolerà.
Mettiamoci in gioco, buttiamoci nella mischia e facciamo esperienze nuove, avventurose ed entusiasmanti!