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Con o senza maschera?

Da sempre gli esseri umani amano mascherarsi. Lo fanno con scopi rituali, religiosi, sociali, conviviali. Usano trucchi, maschere realizzate con i materiali più disparati, costumi, tatuaggi, copricapi.

La maschera ripara e, allo stesso tempo, svela. Permette di entrare in relazione con l’esterno attraverso un patto diverso da quello che si stringerebbe a volto scoperto.

Il carnevale è uno dei momenti dell’anno in cui, più di altri, grandi e piccoli usano mascherarsi. Lo si fa da millenni e, pur dopo tante evoluzioni e rivoluzioni socio-culturali, ancora i profondi significati antropologici e psicologici dell’atto di mascherarsi sono rimasti pressoché invariati.

 

Le maschere e la commedia dell’arte

La commedia dell’arte nasce in Italia nel XVI secolo e si distingue dagli altri contemporanei generi teatrali per il professionismo degli attori.

La peculiarità di questa produzione teatrale è di non basarsi su copioni definiti in ogni battuta, ma su dei canovacci, che forniscono esclusivamente indicazioni generiche sulle azioni e gli scherzi da mettere in scena; il resto dello spettacolo è responsbilità degli attori che improvvisano.

Altra importante caratteristica della commedia dell’arte è la presenza di specifici personaggi che compaiono in tutte le rappresentazioni. Questi personaggi rappresentano particolari profili socio culturali della popolazione e vengono rappresentati da maschere e costumi che, ancora oggi, sono famosi: Arlecchino, Brighella, Pantalone, Colombina, Balanzone, Pulcinella, Capitan Spaventa, Gianduja, Giacometta, Stenterello, e tanti altri.

È proprio nella commedia dell’arte che, per la prima volta, si esibisce una donna, Lucrezia Di Siena, ingaggiata da una compagnia che propone spettacoli nel periodo di carnevale.

La denominazione commedia dell’arte viene nel tempo sostituita da commedia all’improvviso (o improvvisa), commedia a braccio, per poi arrivare, ai giorni nostri, a evolvere nel teatro d’improvvisazione.

 

Il ruolo

Sempre nell’ambito teatrale troviamo la genesi del ruolo. Ruolo deriva dal latino rotolum, cioè rotolo, foglio arrotolato che all’epoca indicava il rotolo sul quale era trascritta la parte da interpretare dall’attore.
Successivamente, iniziò a identificare la parte stessa.

La maschera e il ruolo, termini molto usati anche oggi in tanti ambiti tra loro talvolta estremamente diversi, narrano entrambi qualcosa che ha a che fare con la recitazione, con l’interpretazione di personaggi e situazioni distanti – o almeno – diferenti dalla realtà.

 

Dal teatro all’azienda

Ruoli e maschere. Sembrano elementi caratteristici del teatro e della commedia in generale; eppure, quante volte proprio queste due stesse parole sono utilizzate nell’ambiente professionale?

Potrebbe sembrare poco confortante pensare che i nostri colleghi, i nostri capi, i nostri collaboratori, i nostri clienti, e noi stessi, per essere aderenti e coerenti con un ruolo, indossiamo maschere e interpretiamo personaggi.

Di fatto, è proprio la vita, anche al di fuori dei perimetri aziendali, che ci porta a uniformare comportamenti, modalità relazionali e stili di comunicazione al ruolo che in quel momento stiamo ricoprendo.

La stessa parola “persona” deriva da un vocabolo etrusco che significa “maschera teatrale”. Sembra quindi quasi indissolubile il connubio tra l’essere umano e la rappresentazione che questo da di sé all’esterno.

In azienda, che significato può avere questa riflessione?

Può voler dire molte cose; tra le tante, ne possiamo ricordare due molto significative.

Ricordiamoci sempre qual è il nostro ruolo. Se siamo capi e, perciò, punti di riferimento e di esempio per la nostra squadra e ogni nostro collaboratore, non possiamo interpretare il ruolo del collaboratore stanco e demotivato. Arlecchino non è Pantalone.

Non facciamo delle situazioni una questione personale. Siamo in azienda con obiettivi, compiti e ruoli. Ciò che succede è all’interno di quel contesto e di quella rappresentazione. Solo raramente, i fatti e le situazioni si riferiscono a noi come persona. Ricordare questo vuol dire evitare molto stress, frustrazioni e risentimenti inutili.

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