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Àncora – Alba – Attesa – Arcobaleno – Alpenstock

In questa settimana, il tema che crea un filo conduttore tra queste cinque parole è legato alla creatività, all’azione, al raggiungimento dei risultati.
Attraverso percorsi diversi, condivideremo qualche riflessione su cosa significa usare la nostra creatività, realizzare i nostri progetti, proseguire nel nostro cammino.

 

Àncora

Àncora, uno degli elementi più caratterizzanti dell’idea della nave e della navigazione, eppure simbolo della sicurezza, della stabilità, dell’immobilità addirittura. Come può essere possibile?

Non è poi così paradossale, a pensarci bene. Per potersi muovere è necessario saper stare in equilibrio, avere i piedi ben saldi sulla terra, avere radici forti e robuste, avere delle àncore.

Quali sono le nostre àncore? Possono essere sicuramente i nostri imprescindibili valori e i nostri principi, dai quali si dipartono le nostre decisioni, le nostre scelte e le nostre azioni; possono essere le competenze e le esperienze che abbiamo vissuto ed accumulato durante la nostra vita, cioè il nostro personalissimo capitale che non è mai a rischio, qualsiasi problema congiunturale si affacci all’orizzonte; possono essere i nostri affetti più cari, le persone su cui sappiamo di poter contare, sempre.

L’unico elemento a cui vale la pena di porre attenzione, è non trasformare la parola “àncora” in un “ancòra”, cioè nella ricerca della sicurezza attraverso la ripetitività e la routine, il non voler cambiare, il non saper innovare, il non voler salpare mai.

In quel modo, le àncore possono diventare catene.

 

Alba

L’alba non corrisponde a un “pronti, via!”. È un divenire lento, rispettoso, quasi timido. Ma la grazia non toglie forza al suo movimento. Evolve, muta con costanza, senza creare scompiglio a chi la osserva, anzi. Nel suo mutare, regala ad ogni istante sfumature nuove che esprimono aspetti diversi di sé. Non c’è strappo e non c’è violenza in quel crescere impercettibile che genera luce e calore.

Questo, nella vita può voler dire affidarci alla nostra creatività e alla nostra voglia di crescere e cambiare, di raggiungere le nostre mete, di dare concretezza ai sogni. Non sempre e non tutto è obbligatoriamente nato dalla folgore di un’intuizione; ci sono le prove, gli esperimenti, le idee che nascono piano e diventano grandi attraverso l’impegno e la costanza.

Diamoci il tempo di far crescere i germogli, di cullare le nostre intuizioni, di alimentare i nostri sogni. Non tutto è disponibile subito, ma sarebbe un peccato non permettergli di diventare.

Spegnere un’alba sarebbe un oltraggio alla natura; uccidere un’idea può essere un affronto che noi facciamo alla nostra stessa creatività.

 

Attesa

Ciò che deve ancora arrivare. Il mondo che ancora non esiste e che, quindi, in potenza, può essere ogni mondo possibile.

L’attesa è il momento della creazione del futuro, dello scenario in cui pensiamo di poterci immergere. Ciò che pensiamo di noi, del mondo intorno a noi e di quello che ci arriverà domani influenza pesantemente le nostre aspettative.

Quando cambiano le nostre aspettative, cambia il nostro atteggiamento mentale, cambiano le nostre scelte e le nostre decisioni, cambia il nostro comportamento, cambiano le persone che frequentiamo, cambiano i nostri obiettivi.

L’attesa non è perciò il momento dell’ascolto di un futuro prossimo, è il momento della creazione della nostra vita di domani.

Se ci aspettiamo il meglio, tutto il nostro corpo e tutti i nostri pensieri saranno pervasi da una determinazione e da un’energia che andranno nella direzione dell’ottimismo e del successo; la nostra attenzione selettiva si focalizzerà sulla meta e non sugli ostacoli, saremo mossi da una forza prorompente. Perché l’attesa avrà mobilitato energie, potenzialità, attitudini e competenze per muoversi in una specifica direzione.

Se ci aspettiamo problemi e difficoltà, sarà lì che focalizzeremo tutto il nostro sguardo. Il nostro atteggiamento mentale e le nostre energie saranno sintonizzati su una frequenza bassissima, quella della demotivazione, del pessimismo, dell’arrendevolezza. Come è possibile che un’attesa vissuta in un tale stato d’animo possa portarci belle sorprese?

Siamo noi a dirigere l’attesa, siamo noi a predisporci all’apertura verso il successo, siamo sempre noi a disegnare i contorni dei nostri fallimenti.

 

Arcobaleno

Una famosa tradizione pagana di origine irlandese (così pare) narra la storia del Leprecauno, il folletto con il tradizionale cappello verde, che sarebbe il ciabattino delle fate e il custode del loro immenso tesoro. Si dice che, alla comparsa dell’arcobaleno, il folletto corra a nascondere l’oro in un punto che viene indicato proprio dall’arcobaleno.
Un’altra versione della stessa leggenda afferma che dove finisce un arcobaleno ci sia una pentola piena d’oro e che uno gnomo sia lì a fare la guardia al tesoro.

Gnomi, fate e folletti forse non esistono, ma gli arcobaleni sì, e se le leggende hanno assegnato a questi straordinari prodigi della natura la facoltà di segnare la presenza di un tesoro, perché non crederci? Viviamo i nostri arcobaleni, veri o metaforici che siano, come momenti di ottimismo e di sicurezza che stiamo procedendo sulla strada giusta verso il nostro successo.

 

Alpenstock

Un punto d’appoggio.

Quando abbiamo obiettivi ambiziosi e strade lunghe da percorrere, la motivazione è alta; il desiderio di arrivare ci fa accelerare il passo e ci mette addosso quella irrequietezza che ci fa venire voglia di raggiungere presto la curva successiva per scoprire il nuovo paesaggio che si apre alla nostra vista.

Procedere con una tale dose di ardimento e di entusiasmo può portarci a non dosare sempre correttamente le nostre forze e la nostra resistenza. Sapere di poter contare su qualcosa – o qualcuno – pronto e capace a sostenerci nei momenti più difficili può diventare un aiuto prezioso, in grado di permetterci di raggiungere la meta.

Quali possono essere, nel nostro cammino, gli alpenstock utili?

Le competenze. Ciò che sappiamo e sappiamo fare è il punto di partenza, forse. Ma talvolta dobbiamo dimenticare cosa sappiamo fare per poter imparare a fare cose nuove. Alvin Toffler, famoso saggista e futurologo, lo chiama “imparare a disimparare” per dare spazio alla curiosità e alla creatività. Tuttavia, quando ci sentiamo un po’ stanchi e scoraggiati, sapere di poterci appoggiare su ciò che sappiamo fare bene può farci superare il momento di crisi.

Le esperienze passate. Vale per le vittorie e vale per gli errori. In ogni caso, noi siamo andati oltre, quindi significa che abbiamo vissuto ed elaborato quelle situazioni e, inevitabilmente, abbiamo ampliato le nostre conoscenze e abbiamo elevato il livello della nostra consapevolezza.

La fiducia in noi stessi. Perché noi siamo il compagno più fidato che abbiamo. Sappiamo che non ci abbandonerà mai e, perciò, se gliene daremo la facoltà, saprà supportarci in tutte le situazioni e ad ogni evenienza.

Le altre persone. Non tutte indistintamente, ma quelle di cui ci fidiamo per carattere e competenza; quelle che sono al nostro fianco anche solo con un sorriso, con una frase di incoraggiamento. Perché, qualche volta, è sufficiente sentirsi dire: “Dai, che ce la fai!”.

La fiducia nel nostro obiettivo. Quando siamo ben sicuri di cosa vogliamo raggiungere, ma soprattutto del perché vogliamo arrivare proprio lì, allora diventiamo forti e invincibili, indipendentemente da cosa capita intorno a noi.

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