La superficie profonda
Dal 29 settembre al 2 ottobre si terrà a Torino la diciottesima edizione del Festival Torino Spiritualità. L’appuntamento di quest’anno ha come sottotitolo “Pelle. La superficie profonda”.
Cos’hanno in comune la spiritualità e la leadership? Probabilmente nulla. È piuttosto l’argomento scelto, e il sottotitolo in particolare, che hanno fatto emergere una riflessione: la pelle è la parte più superficiale ed estesa del corpo, così come la terra è la parte più superficiale del nostro pianeta, eppure, entrambe sono le porte che mettono in comunicazione l’interno con l’esterno; sono le parti visibili di tutto il complesso ingranaggio che regola la vita; sono la rappresentazione esteriore della salute o della malattia di ciò che ricoprono.
Questo è il tema specifico su cui soffermarci.
Quello che è indiscutibilmente vero da un punto di vista fisico, può essere altrettanto vero se interpretato in modo metaforico.
Cosa può esprimere la pelle di un leader? Competenze? Valori? Predisposizioni personali? Sì, certo. Ma forse la domanda più significativa potrebbe essere: a cosa corrisponde la pelle di un leader?
Da dentro a fuori. Andata e ritorno
Abbiamo detto che la pelle parla di tutto ciò che ricopre e protegge, ed è anche l’organo ricettivo di una quantità straordinaria di stimoli che dall’esterno si insinuano nel nostro corpo per apportare nutrimento, emozioni, soglie di attenzione, stati di benessere o di disagio.
Tutto ciò è un continuo scambio di informazioni che compiono i due tragitti: da fuori a dentro e da dentro a fuori.
Quando questo sistema viene trasportato in un ambito cognitivo-emozionale succede praticamente lo stesso fenomeno. La nostra pelle diventa così l’insieme dei nostri comportamenti, dei nostri pensieri, dei nostri paradigmi, della nostra comunicazione. E ognuno di essi influenza l’ambiente esterno, come viene influenzato dall’ambiente in cui è immerso.
Più il nostro ruolo è significativo all’interno di una comunità, più sono alte le responsabilità connesse a questi continui scambi tra noi e l’ambiente.
Per un leader, la qualità di ciò che dice e di ciò che fa è fondamentale. È molto più importante di quanto dipende dalle sue competenze tecnico-professionali, anche se molto specifiche e complesse. Quegli aspetti possono essere delegati a collaboratori di fiducia.
Le persone guardano il leader come punto di riferimento, di ispirazione, di equilibrio e di forza. Per avere risposte su aspetti operativi, si rivolgono agli specialisti.
La pelle del leader, quella che consente di entrare in comunicazione con le persone per capirle e per trasmettere loro ciò che serve a trovare entusiasmo, passione, motivazione, senso di appartenenza, engagement, è fatta di elementi preziosi e, talvolta, quasi impercettibili.
Stiamo parlando di ascolto, di etica, di vera passione per il ruolo, di attenzione e cura, di capacità di visione, di onestà intellettuale, di disponibilità al confronto, di apertura all’autoanalisi, di passione per il genere umano.
Un leader che ama di più le questioni rispetto alle persone, ha una pelle troppo dura, difficile da scalfire; i suoi pori sono chiusi e il passaggio osmotico è praticamente impossibile.
Cosa può prendere dagli altri un leader di questo tipo? Cosa può dare? Ben poco, di sicuro.
Si può cambiare pelle?
Nella vita, le cose che non si possono cambiare sono davvero poche.
È facile cambiare pelle? No. Perché la pelle abbiamo detto essere la rappresentazione esterna di ciò che siamo dentro. Cambiare dentro vuol dire mettersi in discussione e rivedere i propri paradigmi. Vuol dire soprattutto accettare il presupposto che per essere leader efficaci dobbiamo sviluppare interessi e valori diversi; dobbiamo appassionarci a chi, forse fino a questo momento, ci ha appassionato ben poco.
La difficoltà, quindi, non risiede in ciò che di diverso dobbiamo fare, ma in ciò che di diverso dobbiamo pensare.
È impossibile riuscirci? No. È però utile chiederci se siamo veramente disposti a iniziare un percorso così impegnativo – specialmente se partiamo da molto lontano – se siamo convinti della bontà e dell’utilità del cambiamento. Il rischio, quando si avvia un percorso di cambiamento personale non voluto, è di fare tanta fatica per raggiungere risultati modesti e anche poco utili.
Skin care
È il nuovo modo di dire per parlare della cura della pelle.
Quale potrebbe essere la routine quotidiana utile a un leader per prendersi cura della propria pelle?
Si tratta di attività semplici, eppure tanto importanti; modalità nuove di interpretare il proprio ruolo e di osservare il mondo intorno.
Attenzione. Osservare veramente le persone del team; imparare a conoscerle e a capirle. Soffermarsi a chiedersi come e quando sono coinvolte in quello che fanno, cosa dà loro soddisfazione, quali sono le loro aspirazioni e aspettative.
Ascolto di sé. Abituarsi a un dialogo onesto e continuo con se stessi, per capire le proprie motivazioni, i propri obiettivi, le passioni, le credenze e le paure. Trovare la forza per adottare comportamenti e operare scelte coerenti col proprio sentire. Si può essere grandi persone anche se e quando si decide che essere leader non è la strada adeguata a chi si è veramente.
Ascolto degli altri. Entrare in relazione vera e profonda con gli altri, per crescere e far crescere. Cogliere l’essenza delle persone e lasciarla insinuarsi nella pelle, così come permettere che la propria essenza possa raggiungere la pelle dell’altro.
Sedersi nelle poltrone degli altri. Metaforicamente, abituarsi a osservare il team e l’azienda da visuali diverse per cogliere aspetti che, dalla propria postazione, sono difficili da individuare. Sarà facile scoprire che problemi e soluzioni hanno pesi e impatti diversi, a seconda del punto di vista.
Regalarsi agli altri. Trasferire al team non solo i pensieri, ma anche il sentire. Farsi conoscere anche attraverso le proprie debolezze; non temere di accettare i propri errori; lasciare emergere la persona che vive dietro il ruolo. Le persone amano e seguono le persone, non le caselle di un organigramma.
Sicuramente ci sono tanti altri suggerimenti per irrobustire la nostra pelle di leader. Più la pelle del leader sarà delicata, più la sua leadership sarà forte.